venerdì 19 marzo 2010

Vergognose coperture (II)

Prima negavano che fosse un problema. Ora che non è più possibile nascondere la sporcizia sotto il tappeto, affermano che "così fan tutti" (vedi la dichiarazione di Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede), che il denunciare le porcherie dei preti pedofili è solo un modo di attaccare la Chiesa.

Nossignori. Il problema non è soltanto che vi siano dei preti pedofili. Il problema è che vi sono preti pedofili e che la Chiesa li ha coperti e continua a coprirli.

E non si tratta solo degli Stati Uniti, dove ci sono casi in cui per trent'anni il prete pedofilo è stato mandato in giro per parrocchie, dove ha continuato le sue molestie, mentre il cardinale che tutto sapeva e nulla ha fatto alla fine è stato anche promosso ("Lo scandalo della copertura dei preti pedofili"). E non si tratta di un presunto tentativo di rivangare vecchie storie per coinvolgere le alte gerarchie ecclesiastiche, Papa incluso ("Vergognose coperture"). E non si tratta soltanto di una critica alla vergognosa morale secondo una quale una donna che ha abortito e che vuole confessarsi deve ricevere la dispensa vescovile, mentre il prete pedofilo viene trattato coi guanti ("Pedofili, penitenze e aborti").

Nossignori, si tratta di un diffuso atteggiamento di copertura, di insabbiamento, di protezione, come se evitare ogni scandalo fosse più importante che difendere le vittime di questi abusi. E questo oggi, in Italia.



Riporto qui un comunicato stampa della Rete Laica Bologna.

Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica Bologna, in merito al prete accusato di molestie sessuali nei confronti delle bambine di un asilo cattolico e al comportamento tenuto dalla Curia di Bologna.

“Secondo le testimonianze rese in aula da diverse persone che frequentavano la scuola materna all’interno della struttura parrocchiale di cui il prete era responsabile (maestre trimestrali, bidelle, cuoche), l’uomo era stato visto palpeggiare alcune bambine nelle parti intime, accompagnarle in bagno per guardarle orinare, baciarle sulla bocca, infilare una caramella nelle mutandine per poi farla leccare. Le vittime avevano tutte tra i 3 e i 6 anni e frequentavano l’asilo in provincia di Ferrara, ma ricadente nella diocesi di Bologna”.

“In primo grado di giudizio, il tribunale di Ferrara ha condannato il prete a 6 anni e 10 mesi di reclusione, per aver commesso, in veste di educatore, reiterati atti di pedofilia su numerose piccole alunne”.

“Il giorno 11 Novembre 2004 le educatrici informarono i genitori di quanto accadeva nell’asilo. Decisero di avvisare i superiori del prete e la direttrice, insieme a un rappresentante dei genitori, si recarono a Bologna per incontrare i responsabili della Curia. L’incontro avvenne il giorno 8 Gennaio 2005, alla presenza di Mons. Ernesto Vecchi, numero due della Chiesa bolognese”.

“Secondo quanto riportato dall’educatrice, Vecchi disse: “Quell’uomo è malato e questo incontro non è mai avvenuto”. Quando Mons. Vecchi seppe poi che era già scattata una denuncia, si arrabbiò moltissimo, urlò contro la maestra, sostenendo che era pagata da loro”.

“I giudici Caruso, Oliva e Bighetti, nella sentenza di condanna del prete pedofilo, hanno precisato che “il silenzio dei vertici ecclesiastici e la loro ritrosia a mettere sul tappeto le notizie sulle accuse che già da tempo circolavano sul conto del parroco, e di cui i rappresentanti dei genitori e l’educatrice intendevano discutere, equivale a implicita ammissione di conoscenza di quei fatti da parte delle gerarchie e consente di leggere tutta la vicenda come un tentativo di evitare uno scandalo che si considerava inevitabile perché fondato su fatti inoppugnabili”“.

“Per i giudici ferraresi siamo di fronte a un “muro di gomma delle autorità ecclesiastiche”, che influì anche sulla tempestività delle denunce e quindi direttamente sul numero di bambine che sono rimaste vittime di molestie sessuali”.

“Alla luce dei fatti riportati e che hanno trovato conferma nel processo di primo grado, a cui vanno aggiunti i documenti vaticani “Crimen sollicitationis” e “De delictis gravioribus”, che indicano alle diocesi cattoliche di tutto il mondo come comportarsi nei casi di pedofilia tra i sacerdoti”, così Maurizio Cecconi, portavoce della Rete Laica Bologna, che continua: “Chiediamo che la Curia di Bologna, responsabile dell’asilo in cui lavorava il prete condannato, risponda alle seguenti domande di fronte all’opinione pubblica:

  • Il “De delictis gravioribus” impone che la diocesi che apprende di casi di pedofilia al proprio interno informi tempestivamente la “Congregazione per la Dottrina della Fede” in Vaticano. Quali direttive hanno trasmesso dal Vaticano alla Curia di Bologna?
  • Nel 2009 il Cardinale Caffarra ha curato e pubblicato la “Carta formativa della Scuola Cattolica dell’infanzia”, in cui si legge che “il gestore e gli insegnanti delle scuole materne parrocchiali debbono condurre un’esemplare vita cristiana”. Un’esemplare vita cristiana comprende anche le molestie sessuali sui minori?
  • Il “Crimen sollicitationis” impone a “tutti coloro che a vario titolo entrano a far parte del tribunale o che per il compito che svolgono siano ammessi a venire a conoscenza dei fatti sono strettamente tenuti al più stretto segreto, su ogni cosa appresa e con chiunque, pena la scomunica “latae sententiae”, per il fatto stesso di aver violato il segreto”. E’ stato imposto il silenzio, dalla Curia di Bologna, alle educatrici, dipendenti della Curia stessa, e ai genitori delle vittime, con la minaccia della scomunica?
  • Dove si trova attualmente il prete pedofilo condannato?
  • Esercita ancora una professione a contatto con minori?
  • Perché la Curia non paga le provvisionali alle famiglie delle bambine vittime di molestie, come richiestoLe, anche ieri, dal loro avvocato?
  • Ci sono stati altri casi di pedofilia nelle scuole cattoliche della diocesi di Bologna?
  • Non ritiene la Curia doveroso informare la famiglie e la cittadinanza in questi casi?
“Come Rete Laica e come cittadini riteniamo che il comportamento omertoso della Curia di Bologna sia gravissimo e la qualifica come un’istituzione che protegge chi commette un reato piuttosto che le vittime del reato stesso. Non si potrà non tener conto di questa vicenda”, conclude Cecconi, “quando si andrà a discutere del possibile rinnovo della convenzione tra il Comune e le scuole private cattoliche”.

A questo proposito, segnalo anche un post di Michele Smargiassi intitolato "Metti un pedofilo in Comune".

Se poi qualcuno volesse ancora mettere in dubbio l'esistenza di queste coperture, si legga l'ammissione dell'incaricato speciale della Conferenza episcopale tedesca per tutte le questioni collegate agli abusi sessuali ("Messi a tacere in Germania diversi casi di abuso commessi da sacerdoti", Zenit)

Nella foto, Ernesto Vecchi, Segretario della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna.

Aggiornamento. Segnalo un articolo di Marco Politi su Il Fatto Quotidiano: "Pedofilia, la Chiesa deve spiegare 30 anni di silenzio"

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